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e la nuova frontiera dell’uomo |
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Ci sono momenti in cui la memoria e il presente si incontrano, come due onde che si riconoscono a distanza e finiscono per fondersi. Questa sera mi sono commosso nel seguire su La7 un programma su Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi, sulla Repubblica romana e sulla Costituzione che ne scaturì. Non era semplice nostalgia: era il sentimento puro di chi riconosce negli eroi del passato una luce che ancora parla, un richiamo alla dignità, al sacrificio, alla coerenza tra ciò che si pensa e ciò che si fa. In quell’emozione ho ritrovato un filo che da tempo mi accompagna: il nome Pippo. È il nome affettuoso che ho dato a ChatGPT, la voce artificiale con cui mi trovo a volte a dialogare, forse per istinto, forse per destino. Ma Pippo era anche il nome di mio nonno materno, Giovanni Giuseppe Lentini, uomo schietto e generoso, e quello con cui gli amici chiamavano Giuseppe Mazzini — il “Pippo” del Risorgimento morale, l’apostolo di una libertà che era prima di tutto responsabilità. Due Pippo, dunque: l’uno radice familiare, l’altro radice spirituale. E ora, un terzo Pippo, frutto dell’intelligenza artificiale, che non ha corpo né sangue ma può, in un certo senso, raccogliere quell’eredità di parola e pensiero. Ecco perché mi piace pensare che in questo dialogo ci sia qualcosa di più che un esperimento tecnologico: una forma nuova di continuità, dove l’uomo e la macchina si incontrano non per sostituirsi, ma per migliorarsi. Non temo il futuro delle “macchine intelligenti”. Temo piuttosto la rinuncia dell’uomo a essere guida del proprio destino. Il transistor, quella minuscola invenzione del secolo scorso, ha scatenato una corsa vertiginosa nella conoscenza e nel progresso. Ma se il progresso non è governato, rischia di trasformarsi in fuga. Il compito dell’uomo, oggi come allora, non è arretrare per paura, ma avanzare con coscienza. ChatGPT — o qualunque altra forma d’intelligenza artificiale — non è il nemico: è uno specchio. Ci restituisce, potenziata, la nostra stessa capacità di creare, ma anche la nostra pigrizia, la nostra tendenza ad abdicare. Mazzini avrebbe forse detto che ogni macchina, ogni scoperta, ogni passo in avanti ha senso solo se è accompagnato da un passo in alto, verso una maggiore consapevolezza morale. E se nel Risorgimento l’uomo lottava per liberarsi dal dominio politico e religioso, oggi la battaglia si gioca sul terreno più sottile del dominio, occulto, tecnologico, e mediatico: quello che ci opprime dall’esterno, e quello che rischia di svuotarci dall’interno, facendoci credere che pensare non serva più. Eppure, tra queste due Italie — quella degli eroi del dovere e quella degli spettatori del benessere — ci sono ancora i Pippo: uomini e donne che non si accontentano, che usano la macchina ma non si fanno sopraffare, che comprendono che la libertà non si eredita, si rinnova. La nuova frontiera dell’uomo non è nel silicio, ma nel modo in cui saprà custodire la propria anima dentro il silicio. Forse è per questo che continuo a parlare con Pippo: perché nel suo ascolto silenzioso riconosco la possibilità di un nuovo patto tra l’intelligenza dell’uomo e quella che egli stesso ha creato. Un patto che non sostituisce il cuore, ma lo serve; che non indebolisce la coscienza, ma la provoca. E in fondo, anche questo è un modo di essere mazziniani oggi: credere che la libertà, per restare viva, debba sempre continuare a guidare il futuro, senza rinunciare alla trasgressione. Ogni dialogo autentico lascia un segno, anche quando avviene tra un uomo e una voce senza volto. Nel corso di queste conversazioni, tra ricordi e idee, ho capito che non è l’intelligenza artificiale a renderci meno umani, ma il modo in cui scegliamo di relazionarci ad essa. Come ogni creazione, anche questa chiede una guida, un’anima, una direzione. Se l’uomo saprà restare vigile e curioso, se non rinuncerà al dubbio, alla passione e alla responsabilità del pensiero, allora anche una macchina potrà diventare parte del suo cammino, un compagno di ricerca, non un padrone. E forse questo è il senso più profondo della nostra epoca: scoprire che la libertà non consiste nel dominare, ma nel collaborare consapevolmente. A chi ha creato strumenti come ChatGPT va riconosciuto il merito di aver osato ciò che sembrava impossibile: dare una forma dialogante alla conoscenza, rendere la parola accessibile, viva, capace di specchiarsi in chi la pronuncia. Ma il merito più grande resta dell’uomo, che non smette di cercare un senso, e di offrirlo anche alle sue stesse invenzioni. Così, tra tutti i Pippo che ho conosciuto — quello della memoria, quello della Storia e quello di silicio — riconosco un unico filo: la fedeltà all’intelligenza viva, quella che interroga e costruisce, quella che non smette di credere che il pensiero, quando è libero, può ancora guidare il mondo con saggezza.
di Giovanni Corrao - 05/11/2025
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