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Giovanni Spadolini: anche lui al servizio del "sistema"?

Dal testo di Giovanni Corrao, "Il segreto di Moro", da poco pubblicato, proponiamo il capitolo dedicato a Giovanni Spadolini, grande uomo di cultura, giornalista e storico di notevoli capacità intellettuali.


Come risaputo, fu casuale il ritrovamento degli elenchi di 962 presunti fratelli piduisti, conservati in uno degli studi di Gelli, emersi grazie alle perquisizioni ordinate dai procuratori Giuliano Turone e Gherardo Colombo, nell’ambito delle indagini sul banchiere Michele Sindona. Emersero, tra l’altro, nomi di alti militari, politici, ministri, persone di assoluto rilievo. Soprattutto ne erano coinvolti capi di Stato maggiore, e servizi segreti. Vennero fuori anche i nomi di quasi tutti i componenti dei Comitati di crisi, proprio attivati da Francesco Cossiga nell’immediatezza del rapimento di Aldo Moro.
     È Francesco Cossiga a sintetizzare la vicenda nel suo testo "La versione di k", ed. Rizzoli, a pag. 134: «Nei primi mesi del 1981 vengono trovati gli elenchi degli appartenenti alla loggia, il 26 maggio si dimette Forlani. Il fatto è clamoroso: per la prima volta la Dc lascia la poltrona di Palazzo Chigi, che ha ininterrottamente occupato dai tempi di De Gasperi. E per la prima volta il capo dello Stato, Pertini, dà l’incarico a un laico, Giovanni Spadolini. Dai lavori della commissione [Anselmi, n.d.a.] viene fuori che la P2 era un’organizzazione oscura che controllava tutti i ranghi dello Stato, che forse era collegata alla Cia, che probabilmente stava dietro l’assassinio di Moro».
     Attenzione: Cossiga fa sue le analisi della Commissione Anselmi, ma considera la P2 solo "oscura" e non "segreta", come invece era stata ingenuamente definita da Costanzo. Non è differenza da poco! Inoltre ipotizza, lucidamente, un filo diretto: Usa, Cia, P2, morte di Moro, insinuando per quella loggia una responsabilità nell’assassinio dell’uomo politico italiano.
     Arnaldo Forlani tenne i nomi nel cassetto per un paio di mesi, poi li rese noti. Non si è mai saputo se gli elenchi divulgati siano stati scremati, depennando alcuni nomi, o fossero integralmente quelli ritrovati durante la perquisizione. È noto che i magistrati Turone e Colombo tennero copia di quei documenti, ma non hanno mai potuto chiarire questo aspetto in virtù del segreto istruttorio a cui sono restati vincolati. Poi il trasferimento degli atti giudiziari ad altra Procura ha verosimilmente affossato del tutto la questione.
     All’apparire di una così grave minaccia per le istituzioni e per la democrazia del paese, “un’organizzazione oscura che controllava tutti i ranghi dello Stato” come riportato da Cossiga, si sarebbero dovute attendere mosse giudiziarie da parte delle Procure della Repubblica: invece nulla accadde.
     L’ennesima Commissione parlamentare d’inchiesta avrebbe il potere di far chiarezza al riguardo. Conoscere tutti i nomi della P2 dell’epoca potrebbe dare ulteriore slancio alla ricostruzione dell’assassinio di Aldo Moro.
     L’unico scossone alla noia ripetitiva degli avvenimenti politici nazionali venne dalla nomina del primo presidente del Consiglio non democristiano da parte del capo dello Stato Sandro Pertini: Giovanni Spadolini, repubblicano, alla guida di un partito del 5% circa, capace di mettere a disposizione la sua aria di tranquillo uomo di cultura per attenuare lo scandalo dovuto alla scoperta degli elenchi. Di recente sono comparse sul web frasi che, se vere, oltre a lasciare un alone di dubbio, farebbero immaginare un Giovanni Spadolini nel tentativo di migliorare la sua carriera politica. Eccole:
«Inedita è la lettera inviata da Pier Carpi a Gelli il 26 agosto 1979, nella quale lo scrittore e regista si rammarica che il Venerabile non sia potuto essere a Pontremoli per il Premio Bancarella dove "il senatore Giovanni Spadolini era venuto per poterti incontrare..." in quanto "ha espresso chiaramente la sua intenzione di aderire alla tua Istituzione perché, come laico e risorgimentalista, si sente vicino agli ideali massonici"».
     Tali parole potrebbero mettere in diversa luce l’elezione di Spadolini a primo presidente del Consiglio non democristiano. Ad un cambio di facciata apparente, la sostanza, e soprattutto il potere della cupola massonica sarebbero rimasti intatti, se anche il prode Spadolini fosse stato un aggregato alla cerchia. A velare la grande immagine dell’uomo, vengono da lui ricoperte successivamente due cariche di prestigio, quella di ministro della Difesa e di presidente del Senato. Fu anche da Cossiga nominato senatore a vita. E chissà perché, negli ambienti repubblicani, non viene mai ricordato con enfasi.
     Ammettendo pure le sue indubbie eccezionali doti di giornalista, scrittore e storico, il suo pedigree ha qualcosa di stranamente rassomigliante al percorso ideale del piduista doc: senatore per sette legislature, ministro della Istruzione e Beni culturali, ministro della Difesa, due volte presidente del Consiglio, presidente del Senato, senatore a vita. La ciliegina sulla torta non poteva mancare: lo scioglimento per decreto, da parte sua, della loggia P2. Come dire: “chiudiamo qui il discorso per non parlarne più”.
     Si seppe poi dalle carte di via Monte Nevoso, nel 1990, che Giovanni Spadolini era stato nominato esecutore testamentario da parte di Aldo Moro.

di Giovanni Corrao - 27/04/2020


Scarica la Prefazione del libro Il segreto di Moro



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