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SASSARI.Vent'anni fa moriva Nino Ruiu, esponente del Partito repubblicano italiano e soprattutto una delle figure di punta dell'area laica - nel senso politico e culturale - dal dopoguerra. Ospitiamo volentieri questo ricordo di Toni Murgia e Salvatorangelo Razzu, entrambi esponenti di rilievo di quel Pri di Nino Ruiu. ![]() A quella idealità coniugava una prassi rigorosa che lo accompagnava quotidianamente e che quotidianamente lo portava a scontrarsi con chi disinvoltamente faceva della teoria un passaporto per pratiche affatto opposte. La sua era, è vero, una cultura fondamentalmente istituzionale e giuridica: degli studi in legge, all'università di Sassari, che correvano di pari passo all'impegno nella politica universitaria, all'Ugi e all'Unure (della quale fu presidente nazionale), alla presenza negli anni dal '65 al '69 in Consiglio regionale, e nei Consigli comunali di Osilo e Sassari; ma era anche una cultura arricchitasi di ricerche economiche e sociali nell'àmbito della società e non solo. Il suo impegno nell'associazionismo cooperativo lo stava a dimostrare, tanto che divenne vice presidente nazionale dell'Agci. Gli anni della prima rinascita, autonomia e programmazione economica lo videro impegnato nella ricerca continua di un progresso durevole, socialmente, ambientalmente ed eticamente compatibile, a suo avviso male interpretato dalla scelta della industrializzazione petrolchimica che pure il suo primo partito, il Psd'az, aveva fortemente voluto, e alla quale lui, invece, si era tenacemente opposto, prevedendone forse non tanto il fallimenmto economico, quanto quello sociale. Le sue battaglie per il movimento cooperativo agricolo e pastorale sono memorabili: «pastoritudine» e «banche del latte», sono probabilmente, fra le tante, le due più felici intuizioni economistiche e anche, pur non avendone la pretesa, antropologiche. Associazionismo culturale e ricreativo - l'Endas era in Sardegna una sua creatura - e sensibilità ambientale - la vicinanza a Italia Nostra - caratterizzarono inoltre la sua vicenda politica. Pensava che il diritto positivo si dovesse coiniugare con l'etica, l'etica con il rispetto delle etnie, e che tutto si dovesse chiudere in maniera circolare con l'epica, con la storia. Storia di idee e di uomini, piccoli e grandi, nella quale credeva, con spirito critico, non certo antiquario o monumentale; con quello spirito quindi che lo proiettava, in maniera sofferta ma costante, verso il futuro, che lo faceva volgere indietro per ricercarvi insegnamenti, ma senza indugiarvi con pirgrizia o nostalgia. Fu sempre attento alla evoluzione delle autonomie locali e al loro difficile rapportarsi con l'istituzione regionale, condannandone l'utilizzo carrieristico e quindi la strumentale difesa di ogni singola «torre» o «campanile»; cosi come condannò la creazione dei comprensori spacciati per enti intermedi rispondenti alla necessaria omogeneizzazione di àmbiti territoriali sovraccomunali, ma in realtà inutili e costosi apparati, moltiplicatori di ambizioni e spendite improduttive. Dopo il 1969 non riusci più a farsi rieleggere in Consiglio regionale nonostante fosse stato uno dei maggiori artefici della rinascita del Partito repubblicano in Sardegna. Disposto a rinunce e sacrifici, non lo era altrettanto ad accettare pratiche affaristiche e clientelari. E fu appunto tale intransigenza che gli costò la sconfitta alle elezioni regionali del 1979. Fu l'epilogo di un decennio di lotta politica, dimentico dell'altra sconfitta di dieci anni prima, e della traumatica scissione del Psd'az di due anni prima, nella quale anzi cercava nuovi stimoli capaci di delineare i percorsi istituzionali e amministrativi, quali le sedi di un confronto democratico e produttivo di risultati ben diversi da quelli che in quei difficili anni '70 si andavano già delineando e che avrebbero caratterizzato il successivo decennio all'insegna dell'illusione più ottusa. Ricomincia con la solita tenacia nonostante il fisico fortemente indebolito e segnato da una lunga malattia. Ricomincia dalla segreteria regionale del Pri. Ricomincia dall'impegno nel Comune di Sassari come consigliere, assessore e vice sindaco. Non si risparmia nella vigilia di un impegno programmatico fondamentale come il Piano regolatore generale, terreno di scontri politici e di imboscate, di notti insonni e di speranze mal riposte. Ma ci credeva. E ci sarebbe morto. Aveva 52 anni.
di Tony Murgia e Salvatorangelo Razzu - 23/10/2003
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