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Il miracolo italiano

     Il miracolo berlusconiano sta per realizzarsi nella sua interezza. L’Italia non è più la stessa: dal 2001, fatidica data a partire dalla quale il Cavaliere ha preso possesso del Governo italiano, se mettiamo da parte quell’inutile anno e mezzo, dal 2006 inoltrato alla fine del 2007, nel quale Prodi fu impotente premier, niente è più come prima.
     Intanto nell’economia. Sembrano infatti lontani i momenti di progresso e sviluppo della fine degli anni ’90, durante il quale l’Ulivo aveva dimostrato prima con Prodi, poi con D’Alema ed Amato, di sapere come si amministra un paese, rilanciando l’economia, risanando le casse pubbliche, tenendo conto delle necessità dei meno abbienti. Fu allora che il paese vide l’ultimo allineamento della curva Irpef (attenzione, non si trattò infatti di una diminuzione, come subdolamente viene a volte chiamata tale manovra). Prodi aveva fatto suo, con chiarezza, il principio che qualunque economista dovrebbe ben conoscere: l’aumento automatico dell’erosione fiscale (meccanismo affatto chiaro alla popolazione, con il quale a parametri fermi in sostanza si aumenta il prelievo fiscale) a lungo andare provoca la diminuzione del gettito fiscale. Ed è ciò che sta purtroppo accadendo.
     Vogliamo dire qualcosa del federalismo? Certo: era stato ideato dal grande Carlo Cattaneo per unire popoli e paesi, per consentire quell’integrazione che è l’obiettivo primario dell’Europa unita. Come lo interpreta Bossi? Presto detto: per dividere. E quella minaccia a Roma ladrona altro non è che un avvertimento neanche tanto velato: “anche noi vogliamo partecipare al banchetto”.
     Meglio non parlare poi dell’avanzo primario (la differenza tra entrate ed uscite dello Stato al netto degli interessi) ormai inesistente. Fra non molto, di questo passo, i dipendenti pubblici si renderanno conto che non ci sono più soldi per pagare i loro stipendi.
     Ed è inutile soffermarsi al segno permanentemente negativo del Pil, il prodotto interno lordo. Neanche nel dopoguerra fu mai così drammatica la situazione economica. Ma la gente sembra accettare la scusa di Tremonti, che se la prende con la crisi generalizzata. Se non la finiremo come la Grecia, sarà un colpo di fortuna.
     A proposito di Tremonti: noi non ci permettiamo di dare del bugiardo ad un ministro della Repubblica. Ma affermare, come fa lui, che non sono state messe le mani nelle tasche degli italiani, quando il carico fiscale cresce a dismisura, è proprio il colmo. E non incentivare le industrie, come sta facendo questo governo pseudo liberale, non porterà da nessuna parte. Perché si può anche accettare la posizione liberale con la quale ognuno deve cavarsela da solo, ma bisogna anche metterlo in condizione di poterlo fare, diminuendo la pressione fiscale, e consentendo l’accumulo di energie per crescere. Parliamo in pratica del capitalismo, e dei celeberrimi impulsi contraddittori di lamalfiana memoria. Facciamo un esempio per tutti: Fiat. Compra fabbriche all’estero, e le chiude in Italia: come mai? Semplice: … all’estero lavorare rende ancora qualcosa, qui da noi ormai a lavorare ci si rimette.
      … mentre la disoccupazione cresce! Anche questo fa parte del miracolo italiano.
     Quello che lascia perplessi è che la maggioranza degli elettori giustifica appieno l’operato berlusconiano, quasi in contrapposizione, con astio, alle maggioranze di centrosinistra, accusate di non guardare mai agli interessi generali. Insomma gli italiani preferiscono, tra i due mali, quello sbandierato dal Silvio nazionale, e non si rendono conto che siamo sull’orlo del precipizio.
     Ma qualcuno sta prendendo coscienza di questa situazione, qualcuno che paradossalmente non fa parte del centrosinistra: mai ce lo saremmo aspettati! La battaglia per la salvaguardia dei valori democratici, contro un leader assoluto e padrone ossessionato dai suoi guai giudiziari, contro quella sorta di strisciante autoritarismo molto ben mascherato, parte proprio da Gianfranco Fini: da non credere.
     Nessuno aveva mai detto che le correnti sono contro la democrazia (basterà ricordare proprio gli equilibrismi all’interno della rimpianta Democrazia cristiana): ma Berlusconi ha dichiarato che le correnti sono inammissibili nel Popolo della libertà, perché ostacolerebbero la democrazia interna. E che Fini se vuole fare politica attiva, non può tenere la carica di Presidente della Camera: mentre lui dimentica che fa da sempre politica attiva e di partito pur in possesso della carica politica più alta in Italia, quella di presidente del Consiglio dei ministri.
     Che ridere! Come ci siamo ridotti. E cosa fa il centro sinistra, parliamo soprattutto del Pd e dell’Idv: nulla!, al di là di sterili chiacchiere, ed una moderata improduttiva opposizione di bandiera. Devono sperare in Gianfranco Fini, come ha di recente sostenuto D’Alema. E’ ovvio che tra il centrosinistra e Fini non c’è e non ci potrà mai essere un legame politico che possa concludersi con un’intesa strategica, ma su singoli punti, politicamente parlando, si può e si deve discutere. Ma avendo D’Alema teorizzato l’inciucio solo per accaparrarsi l’alta carica sui servizi segreti, lasciata coerentemente libera da Rutelli, non appare egli più un punto di riferimento credibile per gli italiani dal palato fine.
     Eccolo qui il miracolo italiano: perdita economica, perdita di valori, scomparsa degli ideali, smarrimento dei politici, inesistenza di strategie di lungo respiro, tatticismi volgari e mascherati. In un paese che si è ridotto ad avere partiti politici che, perso il loro antico valore propulsivo, servono solo da paravento a manovre trasversali basate sull’interesse personale e di gruppo.
     Non ci resta che sperare in Fini, se vogliamo salvare la democrazia nel paese: … chi l’avrebbe mai detto?
      … vero Bersani?


Giovanni Corrao - 23/04/2010


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