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Una proposta innovativa

Il centrodestra
     Alla luce dei recenti sviluppi politici riguardanti la latente crisi di governo, la mossa di Gianfranco Fini di distinguersi nel Pdl è risultata tanto azzardata quando azzeccata, nonostante le bordate del Cavaliere sparategli addosso con grossi calibri dalle sue corazzate mediatiche.
     I sondaggi, come avevamo intuito, hanno costretto il duo Be-Bo a più miti consigli, obbligandoli a dover trattare da oggi in poi con la nuova formazione politica dell’Fli. Non è cambiato molto rispetto a prima, salvo la riacquistata autonomia di Fini, pagata peraltro a caro prezzo.
     Il governo andrà avanti, nonostante tutto. Fini avrà nel tempo la possibilità di tentare di ripulirsi dalle macchie di fango accidentalmente cadute su di lui e su chi gli sta vicino. Berlusconi sarà un po’ meno leader e avrà maggiore difficoltà a difendersi dai processi che lo rincorrono. Bossi potrebbe restare imprigionato in questo nuovo assetto governativo, e gli sarà più difficile fare la voce grossa senza rischiare.
     In sostanza la maggioranza uscita vincitrice dalle urne nel 2008 è rimasta imbrigliata proprio dalla logica intrinseca della contestata legge elettorale vigente, la stessa logica che portò alla inevitabile caduta il governo Prodi, all’inizio del 2009. Oltre ad aver di fatto intaccato sacri principi costituzionali, la suddetta legge elettorale non consente di fatto spazi di manovra per la creazione di maggioranze parlamentari alternative, e genera discrepanze inaccettabili tra le percentuali di sostegno alla Camera ed al Senato.

Il centro
     Nel centro dello schieramento politico italiano troviamo l’Udc coerentemente all’opposizione dell’attuale Governo. Purtroppo Casini e Cesa sono incapaci di mascherare la nostalgia per i periodi trascorsi a fianco del Cavaliere, addirittura tradendosi quando propongono un Governo di responsabilità nazionale a guida Berlusconiana. Nei paraggi troviamo anche l’Api di Rutelli, la cui consistenza è ancora tutta da verificare, l’Mre, i repubblicani di Luciana Sbarbati, e altre formazioni minori, il cui peso elettorale è praticamente ininfluente. Una consistenza elettorale che non arriva al 10% dei voti.

Il centrosinistra
     Il centrosinistra non ha nel suo insieme una strategia di lungo corso: brancola nella nebbia, in disordine sparso.
     Il Pd, l’Idv e Sel, così come attualmente gestiti e strutturati, non hanno il senso della comune appartenenza. Addirittura Pd e Sel si scontrano contendendosi la leadership: chi ben inizia è a metà dell’opera … di distruzione! Mentre Di Pietro sembra solo intento a salvaguardare la fotogenicità della sua immagine. Per cosa discutono poi? Per spartirsi un incerto 40% di inutili voti, insufficienti per poter ambire a governare la nazione.
     Il Pd cambia tutti i giorni la proposta. In meno di un mese ha avanzato: prima il Governo di larghe intese; subito dopo un Governo Tremonti; poi un’Alleanza costituzionale; ora un nuovo Ulivo ed una Alleanza per la democrazia. … alla faccia della visione strategica! Nel Pd non sanno che pesci prendere, e confondono le idee a sé stessi ed agli italiani. Ed è proprio questa mancanza di lucidità politica del Pd che fa istintivamente sentire al paese che a Berlusconi non ci sia una vera credibile alternativa di governo.
     Ed allora ecco il dilemma del centrosinistra: ma che alleanza possiamo proporre per arrivare ad una percentuale che ci consenta di battere il signor Berlusconi? Ne fanno una questione di numeri, mai di idee e contenuti. E sbandando gettano nel nulla proposte senza senso. Chiedono persino a Berlusconi di modificare la attuale legge elettorale, senza arrivare a capire che ogni possibile modifica apportata dal leader del Pdl può solo peggiorare la rispondenza alle norme della Costituzione ed ai principi della democrazia.

La proposta
     Le forze di opposizione all’attuale Governo nazionale a guida Berlusconiana non riescono a trovare una sintesi per creare nel Paese una seria e credibile alternativa.
     Partire con dispute sui nomi, ad esempio Bersani contro Vendola, Di Pietro contro Casini, sembra il modo migliore per confermare il motto latino del “divide et impera”. Tentare di basare la strategia politica sui numeri, pensando magari di sottrarli alla forza contigua, invece di puntare ad obiettivi politici di grande respiro, sui quali chiedere il consenso, appare proprio un nonsenso: ma così sta accadendo.
     E’ anche assurdo tentare di imitare il centrodestra, proponendo un leader autoritario agli italiani che si ritrovano negli ideali della giustizia, della solidarietà, del socialismo: ci vuole pertanto una innovativa proposta politica.
     E per noi c’è solo un modo per creare un potere democratico e non verticistico alternativo a Berlusconi: i partiti politici che intendono governare l’Italia basando il loro operato sul dettato della Carta costituzionale e sui principi democratici dovrebbero dare vita ad un Centro politico democratico di aggregazione, una sorta di Comitato interpartitico, composto da esponenti dei partiti che decidono di convergere. Un Centro dove i rappresentanti delle forze politiche partecipanti siano in numero uguale per tutti, con uno sbarramento per esempio del 5%, che prenda le decisioni in forma collegiale, in modo da impedire alle varie formazioni politiche di seguire autonomamente propri percorsi parlamentari una volta trovata l’intesa in questo organo politico di grado superiore.
     Questa ipotesi di organizzare un fronte alternativo alla dittatura Berlusconiana non ha niente a che vedere con le proposte fino ad ora maturate, compresa quell’Alleanza per la democrazia recentemente proposta da Bersani nella lettera a La Repubblica. Infatti la proposta che qui viene illustrata, mentre salvaguarda la tenuta del Governo, garantita dalle decisioni prese dall’Organo supremo, consente ai partiti politici ampi margini di manovra, tanto da consentire loro anche posizioni differenti da quelle prese collegialmente. Non si tratta dunque di creare una alleanza di partiti, che sappiamo non funzionare, ma un organismo che ne coordini le rispettive attività.
     Ogni formazione politica che si aggrega avrebbe la possibilità di portare avanti le proprie idee, e conquistare consenso su di esse, ma le verrebbe impedito, per tacito accordo, di mettere in crisi il Governo ove la decisione collegiale fosse differente.
     Sarebbe poi sicuramente questione più agevole per un organismo supremo, fatto da personalità politiche di rilievo, scegliere con oculatezza ed obiettività il candidato alla guida del Governo, anche se le primarie appaiono sempre di più un percorso ormai irrinunciabile per un popolo civile e democratico.
     I politici ed i parlamentari, pur nella loro autonomia, non devono mai dimenticare di essere stati chiamati a rappresentare le esigenze della gente, e che il solenne giuramento di fedeltà alla Repubblica viene prima di ogni altro impegno.

Giovanni Corrao - 26/08/2010

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