Pronunciato al termine del funerale il giorno 30 dicembre 2000                     

L’ULTIMO SALUTO ALL’AMICO FRATERNO

Un grande vero democratico

 

     Credo che voi, cari amici, mi scuserete se non riuscirò ad esprimere pienamente tutto lo sgomento e tutta l’amarezza di un giorno così triste nel quale molti di noi, oltre i familiari, hanno perduto l’amico, il compagno, la guida illuminata, il fratello maggiore, il riferimento più sicuro al quale rivolgersi in una stagione della nostra vita e della nostra storia civile scandita da delusioni, scoramenti e da tanti caratteri distintivi di una realtà in crisi, di insicurezza, di malessere.

    E’ da tanti anni che Salvatore aveva avvertito i segni di una deriva che ancora oggi non mostra evoluzioni positive. E quindi hanno fatto bene i suoi compagni del Movimento delle Riforme  a ricordare il suo impegno, la sua opera infaticabile per una decisa sterzata della società verso nuovi istituti, nuove forme di diritto pubblico, valide e capaci di recuperare alla vita democratica gli strati della pubblica opinione disgustata dalla degenerazione in cui versava e versa la vita politica nel nostro paese.

     Con lo stesso spirito e con lo stesso senso religioso della vita, Lui che era un laico inossidabile, aveva affrontato le battaglie sindacali e nei giorni difficili aveva offerto tutto se stesso sacrificando perfino la sua famiglia ad una vita dura, piena di privazioni e rinunce. Salvatore ci diceva spesso che senza la serenità che trovava a casa (ed il merito è di sua moglie) tutto ciò non sarebbe stato possibile.

     Nel Partito Repubblicano Salvatore è diventato per molti anni l’animatore, il leader più apprezzato nel mondo politico sardo per la sua natura di uomo scomodo ma leale, imponendo ai suoi interlocutori l’obbligo della chiarezza e di una correttezza esemplare.

     Prima Ugo La Malfa e poi soprattutto Giovanni Spadolini hanno visto in lui l’uomo che aveva interpretato con spirito missionario il ruolo della milizia in una formazione di minoranza dove le illusioni dell’utopia potevano avere senso soltanto se accompagnate da una certa tensione morale.

     Abbiamo ricevuto innumerevoli manifestazioni di affetto da tanti amici, ma anche da tanti avversari politici e quello che abbiamo letto sulla stampa, del coro di attestazioni di stima e di rimpianto, lenisce il dolore dei suoi familiari ed inorgoglisce i suoi amici, quelli con i quali ha affrontato innumerevoli battaglie e che oggi hanno l’obbligo di non disperdere il valore della eredità che ci ha lasciato.

     Quando in tempi lontani ha voluto intitolare la Associazione di cui è stato esemplare presidente a Cesare Pintus, aveva già intravisto nella scelta dell’uomo con radici mazziniane, militante azionista e sardista, e quindi socialista, l’aspirazione al superamento della divisione cinquantennale della sinistra italiana perché l’avvenire di essa sia sempre meno utopia e sempre più realtà nello scenario col quale oggi dobbiamo fare i conti. Ecco quello che ci ha insegnato quest’uomo generoso e severo.

     Noi cercheremo di non dimenticarlo come tante volte ci è capitato di fare in questi due anni tremendi da Salvatore vissuti con ostinata volontà di vivere, quando in tante occasioni ci siamo sempre chiesti cosa avrebbe fatto Lui al nostro posto.

     Il vuoto che Salvatore lascia oggi nel nostro cuore non deve intaccare la nostra coscienza politica e morale. Dobbiamo ancora ispirarci a Lui  che ci ha dato l’esempio di come possa essere vissuta una vita che valga davvero la pena di vivere.

Lello Puddu